domenica 15 dicembre 2013

Una cosa buona della mulinciana: pensare con le mani, parlare gesticolando!








Gesticolare parlando: le res gestae fàtiche sono state sempre il contrassegno della meridionalità, del sottosviluppo a Mezzogiorno contro il sovrasviluppo dei nottambuli, dell'Occidente o del tramonto o del post-meridiem. Muovono le mani le mulinciane mentre parlano! E Sarkozy? Sarkozy dimostra che la mulinciana è un ortaggio metafisico, umano, vale a dire! Le mani e ...  i tumbulati, i jancati, gli schiaffi (senza i quali il futurismo marinettiano sarebbe stato focomelico, mutilato, afasico!), i manrovesci, a mano a mano, una mano di vernice, una manata, la longa manus, fatta a mano, i manovali, manuali versus gli intellettuali, i mentali ,le carezze, anche quelle pubiche, e le pippe?  I pensatori dell'etimo sanno che mano appartiene a mente, come hand a hundred: ragionare e contare, la ragione indicativa (e distintiva) è dei numeri. Insomma, la mente è la mano del cervello, come la mano è la mente del corpo. Per questo chi gesticola parlando, dà corpo alle idee. E ci sono muti che smanettano, smanacciano, mimano, mi-mano: stanno ragionando. Tutti gli sport a palla con la mano sono giochi mentali: la mano è la mente che indirizza la sfera, dà direzione e senso a una figura insensata perché aperta in tutti i sensi. Insomma, da qualsiasi angolo visuale la si osservi la mano è mente. E non mente!
E', infatti, di Immanuel Kant la definizione della mano come proiezione della mente, manus proiezione di mens, dove la vocale "e", di mens, si allarga, si proietta nella "a" di manus, mentre la coppia consonantica "ns" si dilata nella "nus" di manus con l'introduzione della "u". La parola a Giovanni Semerano, alla sua grande capacità di ascolto del suono delle parole "fluitate dalle onde di secoli remoti  [e che] occorre auscultarle acutamente per sentirvi dentro il loro segreto, come in una conchiglia si ascolta l'eco di oceani abissali: " Manus ha il suo antecedente nell'antico accadico manu (calcolare, computare). Ne risulta la mano come strumento naturale del computo per indigitazione, quale emerge nei libri di matematica sino al Settecento. A quella antica parola accadica manu ci riconduce una lunga serie di parole greche, latine, germaniche. Il greco mène (luna che per gli antichi orientali è l'altra condomina dell'universo assieme al sole) ci richiama il gotico mena, l'antico alto tedesco mano, l'anglosassone mona [l'inglese moon]. Il valore semantico dell'accadico manu (calcolare) torna in voci greche con il senso di "ricordare", "avere senso": greco menos (spirito, mente) e ovviamente in latino mens, nell'inglese mean [...]" (Giovanni Semerano, L'infinito: un equivoco millenario. Le antiche civiltà del Vicino Oriente e le origini del pensiero greco, Bruno Mondadori, Milano 2004, pagine 5 e 6). Baciamo le mani!

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