L'intreccio è un nodo aggrovigliato dentro cui sono finiti due rapinatori in ostaggio di Muna e Alice, prese in ostaggio, nella loro Stanza 707 di un albergo parisien.Come uscirne? Come lasciare la Francia, oui ... la France, e tornare a Catania, in via Calatabiano?
“Così siamo ridotti, mio piccolo Iano: solo la più falsa delle operazioni degli uomini, la letteratura, restituisce verità agli uomini”- così parlò, a pagina 167, Agata Scuderi, autrice di un libricino, Annusare il passato, ricavato dalla sua tesi di laurea in Lettere, e merciaiola in una rivendita di cotoni, lane, velluti, fiori secchi, profumi, bottoni, costumi teatrali e maschere di carnevale. E come Agata il suo autore, Francesco Merlo, “da sempre” romanziere mimetizzatosi “da sempre” tra i giornalisti per via della maschera e del costume del giornalista, raccattabili - maschera e costume - in un qualsiasi negozio (testata di giornale) di una qualsiasi Agata direttrice di quotidiani e riviste, si permette di marcare con sarcasmo vivo e dolcezza ironica la sua distanza dai servitori, dagli schiavi, dagli asserviti alla notizia, alla retorica della notizia. In forza della letteratura, con la forza e l’impunità che gli deriva dalle ragioni della letteratura, gaiamente prende per i fondelli l’universo intero, non autoescludendosi. Infatti l’autore della Stanza 707 non risparmia Francesco Merlo che dice di sé in terza di copertina di essere “da sempre giornalista”, dal primo vagito, tra i pannolini, ai salesiani, in bagno, in barca, in montagna, in pianura, in auto, in bicicletta, mentre dorme, mentre fa l’amore, con i figli, con gli amici. Da sempre. O forse mai perché “da sempre” nel bugiardino del volumetto della Bompiani(2014) è un’excusatio non petita, un metter le mani avanti, un alibi come se avesse commesso un reato, un lungo reato, un reato da sempre: quello di non essere stato mai giornalista ma di stare e di essere stato da sempre tra i giornalisti. A dire il vero, Francesco Merlo ha usato da sempre pretestuosamente la notizia per fare prosa d’arte. Al contrario di un suo mito di scrittura e di ironia, Alessandro Manzoni che assunse ne I promessi sposi, il genere del romanzo, della fiction per fare storiografia. Mentre questi inventò Renzo Tramaglino per produrre il saggio storiografico su La colonna infame, Merlo inventa (inven ire = trovare all'incontro, ire e cercare) la notizia per mettere in forma (informare) il suo talento di prosatore.
Nella
Stanza 707 non c’è una storia (né
History, né Story) ci sono due tarantiniani ragazzi, Iano e - in rima - Cristiano,
come Nino e Tino della dedica, ci sono due - anzi tre (splendida la formicologa
Muna de Kalbermatten) – donne, Alice (del paese delle meraviglie) ed Eva Diabolik
Kant (che si legge come il cognome del filosofo tedesco, ma che è anche la
pronuncia dell’inglese cunt).C’è il
protagonista ma è assente (l’essenza dell’assenza):il feroce capomafia, ’u zu Ginu che, omosessuale, se la tira
più e meglio di un titolare di cattedra universitaria, di un professore di Filosofia
teoretica e morale. La Stanza 707 è un forziere di battute veloci, di aforismi, di
pizzini, di trovate intelligenti, di corde che non si annodano, di ricordi, di
paesaggi libanesi che sono quelli della contemporaneità, ora siriani, ora
turchi, ora nordafricani, ora siciliani, ora romani, torinesi, milanesi, banlieueparigine
dopo una giornata che tende sempre più ad allungarsi oltre le 24 ore, le strade
invase dagli eccessi ballardiani delle manifestazioni blackbloccate. La chienlit, oui! Siamo tutti
canaglie,sì!
Una
scrittura sapiente contro l’amore (che fa rima con cuore, a Sanremo, capitale d’Italia)
e per gli ottanta tipi di cornuti del Tableau
Analytique du Cocuage di Charles Fourier,
contro
gli esperti televisivi che si impancano ad aristoteli dell’ovvietà da loro
tormentata,
contro
i giornalisti tutti, anche quelli, quello, con il sottopanza nello schermo
televisivo dello “storico” (non lo sapevamo che Paolo Mieli è “da sempre” storico – rectius:
storiografo – : solo recentemente ha fatto outing dichiarando il cambio della professione),
contro
Dante Alighieri, recitato da quell’eccelso - che manco Sermonti ci può - dantista
Benigni, comico, al quale nessun letterato rimprovera di essere un comico come
Grillo diversamente trattato,
contro
il genere romanzesco perché Stanza 707
non è un romanzo e non è anti-romanzo come il Tristam Shandy di Laurence Sterne,
contro
il giornalismo … che, indifferente alla Grammatica, la notizia è quella della
cinque W, le Five Ws (Why, Who, When,
What, Where),
contro
Parigi,anzi, la parigità del provincialismo allucinato,
contro
i poliglotti che non hanno nulla da dire ma lo dicono in tante lingue.
Contro
il senso, per il controsenso o il buon senso, per il contromano: completata la
lettura non ci si ricorda come finisce o da dove prende inizio il racconto. Non è lineare, è un
cerchio: in qualsiasi punto della circonferenza si è lontani dal centro.
Lontano da dove (1971) si titola un magnifico saggio di Claudio Magris sulla tradizione ebraico-orientale in Joseph Roth, cantore della fine dell'impero Asburgico, omaggiato di una citazione nella "Stanza 707".
Non c’è dove andare. Ridere, sorridere, irridere silenziosamente ché “se la parola è quella che non si dice, il pizzino migliore è quello che si riscrive” - diceva lo zio Gino, ricordato da Cristiano. La vita di ognuno di noi non è forse una lunga riscrittura?
Lontano da dove (1971) si titola un magnifico saggio di Claudio Magris sulla tradizione ebraico-orientale in Joseph Roth, cantore della fine dell'impero Asburgico, omaggiato di una citazione nella "Stanza 707".
Non c’è dove andare. Ridere, sorridere, irridere silenziosamente ché “se la parola è quella che non si dice, il pizzino migliore è quello che si riscrive” - diceva lo zio Gino, ricordato da Cristiano. La vita di ognuno di noi non è forse una lunga riscrittura?
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