martedì 21 gennaio 2014

Dedicato a Kuken Gutenberg

Titolo:
Melenzane e tradimenti. Storie di identità

"Sosteneva la tesi che la vita potesse svilupparsi soltanto a una certa distanza dalla terra, poiché la terra stessa emanava di continuo un gas di putrefazione, un cosiddetto 'fluidum letale' che paralizzava le energie vitali e prima o poi portava definitivamente alla morte. Per questo tutte le cose vive tendevano ad allontanarsi dalla terra con la crescita, cioè crescevano di là da essa e non dentro di essa; per questo protendevano verso il cielo le loro parti più preziose: il grano la spiga, il fiore i suoi petali, l'uomo la testa; e sempre per questo, quando l'età li incurvava e li piegava di nuovo verso terra, dovevano necessariamente soggiacere al gal letale, nel quale infine dopo la morte si trasformavano anch'essi mediante il processo di decomposizione" (Patrick Sueskind, Il profumo, tr. di Giovanna Agabio).

"... ho i piedi per terra, ben saldi sul duro suolo che mi ha visto nascere. L'odore delle zolle mi circonda. Nelle mie vene scorre lento del sano sangue contadino" (Joseph Goebbels, Michael. Diario di un destino tedesco, tr. Monica Mainardi).

lunedì 20 gennaio 2014

Lo spirito del porco o il corpo dello Spirito... occidentale.






Mark Kurlansky (Cod. A Biography of the Fish that Changed the World, 1997) sostiene che il merluzzo (cod), baccalà o stoccafisso (stockfish) insegnò la rotta nord europea per la scoperta delle Americhe in quel punto di approdo chiamato Cape Cod. Brian Fagan (Fish on Friday. Feasting, Fasting and the Discovery of the New World, 2006) dà alle aringhe il merito. (I libri citati, di splendide idee, sono anche dei ricettari di cucina che non possono non arricchire la biblioteca del cuoco di pesce). Altri sostengono che la linea di divisione tra il Nord del mondo e il Sud sia quella che separa i mangiatori di carne di porco dai salumifobi. San Marco (o repubblica marinara della civiltà veneta) per tutti quegli ittiofobi e per chi non condivide la classica tesi di Max Weber (il protestantesimo  quale Spirito o religione del capitalismo calvinista e anglo americano): "Di tutti i viaggiatori che approdarono a Venezia dall'Oriente, il più importante fu senza dubbio un abitante della Giudea, defunto ormai da molto tempo, un uomo di nome Marco. ritenuto l'autore di uno dei Vangeli nonché il fondatore della Chiesa di Alessandria. Nell' 828-829 alcuni mercanti veneziani che si trovavano ad Alessandria trafugarono le sue spoglie, nascondendole in una botte: avendo coperto le ossa con carne di maiale, riuscirono a passare l'ispezione dei funzionari di dogana musulmani, che preferirono non mettere le mani tra la carne suina. Il successo del trafugamento fu considerato segno certo dell'approvazione del santo". Da qui i resti furono custoditi in una cappella privata del doge, in seguito ampliata nell'XI secolo, sede del Patriarca e poi cattedrale nel XIX secolo. P.S. il passo tra virgolette è tratto da David Abulafia, Il grande mare, Mondadori 2013, p.250.  Sul furto delle reliquie sacre che tanto ebbe a meritare dalla religione cristiana disponiamo della traduzione italiana, pubblicata a Milano da "Vita e pensiero" nel 2000 di P.Geary, Furta Sacra: Thefts of Relics in the Central Middle Ages, Princeton 1978.

giovedì 9 gennaio 2014

La merda sul mare












Gianluca mi chiede notizie relative alla pubblicazione di una storia del porto di Catania, scritta assieme a Daniele, ad Angela e commissionataci dall'Autorità portuale. Rispondo che la stampa della nostra ricerca, consegnata al committente una decina di anni fa, non è mai avvenuta, a dimostrazione ulteriore che quella dove viviamo non è una città di mare ma di merda, alimento principe delle mulinciane prima dell'epoca dei fertilizzanti chimici. Pare che lo sviluppo della civiltà occidentale (o del capitalismo) sia legato alla trasformazione dell'escrementizio, riscattato dallo status di rifiuto marginale per quello di risorsa utile, come ad esempio- scriveva Maurizio Ferraris - nel colonialismo: " i negri, conculcati dal civilizzatore bianco (e asettico, a ogni livello: dalle infermiere, ai missionari, spazzini del visibile e dell'invisibile), sono prima definiti come rifiuti, poi riscattati come escrementi utili"(pagine 8 e 9 dell'Introduzione  all'edizione italiana di Dominique La Porte, Storia della merda, Multipha edizioni 1979). E' una città parmeneidemente bloccata alla fase anale e chissà per quanto tempo! O forse sarà la città anale per suo destino, l'orto delle mulinciane!
In questi giorni si ricorda la morte (5 gennaio 1984) per mano mafiosa del giornalista Pippo Fava. Tutti sono d'accordo nel ritenere che l'omicidio sia stato facilitato nella realizzazione dall'isolamento della vittima. Isolamento: un termine da elettricista che, quando deve mettere in suo potere in modo da non nuocere un filo scoperto, si adopera per isolarlo. Un termine paradossalmente mafioso: se si fa parte di una cosca non si può essere colpito o defoliato se non assieme a tutta la cosca, foglia per foglia. Un termine medico o carcerario cretinamente trascinato nelle questioni criminali. E, con in mano il libro di Fredi Caruso, Un secolo azzurro (di football, non di mafia, non di mare, non di cielo), sono arrivato alle pagine in cui si legge degli attentati al Duce, odiato fino al tentativo di omicidio mano a mano che si infittivano i consensi (uno per tutti: John Fitzgerald Kennedy, assassinato nel 1963, era isolato alla presidenza di 189,2 milioni di abitanti?). Insomma, uno lo si ammazza (o si tenta di fare fuori) per la sua pericolosità, temibile proprio perché non è isolato, proprio perché ha oltrepassato il deserto della sua "isolatezza". E' una punizione come "premio" per avere fatto presa, dopo avere fatto presa. E, poi, questa idea dei mafiosi che indicono summit congressuali per ascoltare gli esperti misuratori del grado di isolazionismo (con quali termometri?) è un'altra delle mulincianate dei mafiologi ruspanti. Mulincianata per incontrovertibilità. L'hanno ammazzato perché erano psicopatici. L'hanno ammazzato perché manco li calcolava. Per spavalderia li sovrastava e li disprezzava, facendoli sentire delle merde! E non era isolato, cazzo! Al contrario: era il capo di un grande partito informale che cresceva chiarendosi le idee!

sabato 4 gennaio 2014

Tra Rasputin e Stalin: il nazbol




Pene di Rasputin




Pene di Rasputin2


La magnifica biografia di Emanuel Carrère, Limonov,(Adelphi 2012) si apre con un aforisma sorprendentemente geniale di Valdimir Putin( "il doppio di Eduard", vale a dire, di  Limonov): "Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello. Chi non lo rimpiange è senza cuore". Edicka Savenko, detto Limonov, come un nazista non vuole restaurare il comunismo, come un bolscevico lo rimpiange. La sua vicenda personale racconta la lunga scandalosa fine della storia sovietica. 

Da una rivoluzione  - quella dei Soviet - del cazzo (il penis di Grigory Rasputin - 30 centimetri, conservato in un Museo di San Pietroburgo, fondato da Igor Kmyazkin, "chief of the prostate research center of the Russian Academy of Natural Sciemces" -  ebbe un ruolo importante nella dissoluzione della ruling class aristocratica zarista alla vigilia della Rivoluzione d'Ottobre) alla caduta dello stalinismo, seppellito da quegli ubriaconi di Eltsin e dai suoi antagonisti alcolizzati, non poteva venire fuori che una generazione di nazbol di cui Limonov, co-fondatore del Partito nazionalbolscevico, non è il più rappresentativo ma che ha - come e più di altri esponenti della nuova generazione - l'ossessione del cazzo, del suo, di quello dei neri americani che non si fa mancare sbarcato a Manhattan, delle ninfomani amate (Natasha: "mi sgriderai dopo; prima scopami"), delle sue donne (Anna, Tanja, Liza e così via), tutte affette da bulimia sessuale. E poi ... tutta quell'altra gente raccontata da Zachar Prilepin, l'ammazza-ceceni. Ovviamente il nazbol non è una categoria politica ma un costrutto antropologico (in Italia abbiamo il fasciocomunista, Antonio Pennacchi). Ma che cazzo!

P.S. La questione sul ritrovamento dell'attrezzo rasputiniano è complessa, considerato che è stato il corpo del monaco sforacchiato da revolverate, buttato ancora vivo e ripescato il 19 dicembre del 1916, "spaventosamente gonfio nell'acqua del canale Malaja Nevka [...].La notte del 20 dicembre il professor Kosorotov, titolare della cattedra di Medicina Legale all'Accademia di medicina  militare, eseguì l'autopsia e l'imbalsamazione del cadavere. Il cuore fu estratto e riposto in un recipiente speciale, e i polmoni prelevati e immersi nell'alcool [...]. Il verbale dell'autopsia fu conservato a lungo presso l'Accademia di Medicina militare. Ma negli anni Trenta scomparve"(Edvard Radzinskij, Rasputin, Mondadori 2001, pp. 494-495). Di seguito (da "Russian Museum Rasputin" internet):

The Russian Museum of Erotica, newly opened in St. Petersburg, has been crowing about its acquisition of the penis of Rasputin (the mad mystic and lover of the wife of the Russian Tsar). A photo accompanying the many news reports about this unusual exhibitshows an attractive young woman staring rather in awe at the huge, grotesque thing as it floats in formaldehyde . It definitely looks like a penis, but is it Rasputin's penis (which, according to legend, was 13 inches long)?

As it turns out, Rasputin's penis has had a rather colorful history since its separation from his body. Here are some of the highlights. In 1916 Rasputin and his penis parted ways due to the machinations of a murdering gang of angry nobles. But, according to rumor, a maid found the bodiless member at the crime scene and saved it. During the 1920s a group of Russian women living in Paris acquired it (or acquired something that they believed to be his penis) and worshipped it as a kind of holy relic, while keeping it inside a wooden casket. Rasputin's daughter, Marie, didn't like the idea of her Dad's penis hanging out with these women, so she demanded the thing back. And it presumably stayed with her until she died in California in 1977. It then disappeared for a while until it came into the possession of Michael Augustine, who found it tucked away in a velvet pouch along with some of Marie Rasputin's manuscripts that he bought at a lot sale. Augustine sold the well-travelled penis to Bonham's auction house who then discovered (surprise, surprise!) that what they had bought was not a penis, but instead a sea cucumber.

That's where events stood in 1994. Now, ten years later the Russian Museum of Erotica is claiming that they have Rasputin's penis. Igor Knyazkin, the director of the Museum, claims that he bought it from a French antiquarian for $8,000. Which just begs the question: where did this French antiquarian get the penis from? One might also wonder why the Museum's penis is preserved in fluid, whereas all early accounts of Rasputin's penis describe it as dried out.

giovedì 2 gennaio 2014

Limonov ossia lo Zeitgeist








Raccontano le cronache di quest'inizio 2014 che la lettura del romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, dai secondini del carcere dove sta scontando la pena è stata vietata al boss di Cosa Nostra di Gela, Davide Emmanuello. E si "associa" il libro alla galera e mi ricordo del terrore che incutevo, da recluta, al capitano della mia Compagnia del reparto "Folgore" quando mi si vedeva in giro per la caserma "Giannettino" a Trapani con un libro in mano. Leggono soltanto i galeotti, i reclusi, gli "associati" o "ristretti" (come i caffè: o potenza dell'eufemismo ipocrita!). Sono sovversivi non tanto perché mafiosi (lo siamo un po' tutti- si è soliti dire minimizzando da uomini che conoscono il mondo o da antropologhi a due lire un cazzo!) quanto perché si legge. GianLuca sostiene paradossalmente (paradossalmente?) che la mafia è l'uscita dalla galera della stupidità o la mediocrità senza uscita. E pensavo a Julien Sorel! E anche al nostro Sorel stendhaliano, Savenko detto Limonov, aspro come un limone ed esplosivo come una granata.E ai condannati mandati in Siberia con il viatico spirituale dei Vangeli, una lettura da ergastolano.Mio padre che non è stato mai in galera, vedendomi tutto il giorno sui libri, commentava: "Più studi e più scemo diventi". Voleva forse dirmi che vivevo come uno che ha perso, per rinuncia o per punizione, la libertà di movimento, la libertà. E io invece la libertà andavo cercando, come Sorel. E' quello che hanno inteso i secondini vietando la ricerca della libertà ai detenuti che leggono!

In Asia centrale, a Samarcanda o Barnaul, città-prigioni,i mendicanti, naufraghi sotto le mura merlate, sembrano dei relitti. "Sono dei re".

Sembra la biografia di un maudit, di Eduard Savenko-Limonov. E' la celebrazione, distrattamente ma astutamente elegante, di Putin che ha il suo doppio in Limonov:"[...]Eduard scrive[...] dei pamphlet in cui spiega che Putin non solo non è un tiranno, ma un tiranno scialbo e mediocre, a cui è toccato in sorte un destino troppo grande per lui. La falsità - insorge Carrère - di questo giudizio mi sembra lampante. Ritengo che Putin sia uno statista di grande levatura e che la sua popolarità non dipenda soltanto dal fatto che la gente è decerebrata dai media a lui asserviti. C'è dell'altro. Putin ripete in tutte le salse una cosa che i russi hanno assolutamente bisogno di sentirsi confermare e che si può riassumere così: Nessuno ha il diritto di dire a centocinquanta milioni di persone che settant'anni della loro vita, della vita dei loro genitori e dei loro nonni, che ciò in cui hanno creduto, per cui hanno lottato e si sono sacrifucati, l'aria stessa che respiravano, nessuno ha il diritto di dire che tutto questo è stato una merda" (Emmanuel Carrère, Limonov, pp 349-350).