giovedì 2 gennaio 2014

Limonov ossia lo Zeitgeist








Raccontano le cronache di quest'inizio 2014 che la lettura del romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, dai secondini del carcere dove sta scontando la pena è stata vietata al boss di Cosa Nostra di Gela, Davide Emmanuello. E si "associa" il libro alla galera e mi ricordo del terrore che incutevo, da recluta, al capitano della mia Compagnia del reparto "Folgore" quando mi si vedeva in giro per la caserma "Giannettino" a Trapani con un libro in mano. Leggono soltanto i galeotti, i reclusi, gli "associati" o "ristretti" (come i caffè: o potenza dell'eufemismo ipocrita!). Sono sovversivi non tanto perché mafiosi (lo siamo un po' tutti- si è soliti dire minimizzando da uomini che conoscono il mondo o da antropologhi a due lire un cazzo!) quanto perché si legge. GianLuca sostiene paradossalmente (paradossalmente?) che la mafia è l'uscita dalla galera della stupidità o la mediocrità senza uscita. E pensavo a Julien Sorel! E anche al nostro Sorel stendhaliano, Savenko detto Limonov, aspro come un limone ed esplosivo come una granata.E ai condannati mandati in Siberia con il viatico spirituale dei Vangeli, una lettura da ergastolano.Mio padre che non è stato mai in galera, vedendomi tutto il giorno sui libri, commentava: "Più studi e più scemo diventi". Voleva forse dirmi che vivevo come uno che ha perso, per rinuncia o per punizione, la libertà di movimento, la libertà. E io invece la libertà andavo cercando, come Sorel. E' quello che hanno inteso i secondini vietando la ricerca della libertà ai detenuti che leggono!

In Asia centrale, a Samarcanda o Barnaul, città-prigioni,i mendicanti, naufraghi sotto le mura merlate, sembrano dei relitti. "Sono dei re".

Sembra la biografia di un maudit, di Eduard Savenko-Limonov. E' la celebrazione, distrattamente ma astutamente elegante, di Putin che ha il suo doppio in Limonov:"[...]Eduard scrive[...] dei pamphlet in cui spiega che Putin non solo non è un tiranno, ma un tiranno scialbo e mediocre, a cui è toccato in sorte un destino troppo grande per lui. La falsità - insorge Carrère - di questo giudizio mi sembra lampante. Ritengo che Putin sia uno statista di grande levatura e che la sua popolarità non dipenda soltanto dal fatto che la gente è decerebrata dai media a lui asserviti. C'è dell'altro. Putin ripete in tutte le salse una cosa che i russi hanno assolutamente bisogno di sentirsi confermare e che si può riassumere così: Nessuno ha il diritto di dire a centocinquanta milioni di persone che settant'anni della loro vita, della vita dei loro genitori e dei loro nonni, che ciò in cui hanno creduto, per cui hanno lottato e si sono sacrifucati, l'aria stessa che respiravano, nessuno ha il diritto di dire che tutto questo è stato una merda" (Emmanuel Carrère, Limonov, pp 349-350).

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