Plato, not Prozac. But Prosecco it's better!
Lou Marinoff, insegnante di Filosofia, presiede l'Associazione Americana dei Terapisti filosofici, ha scritto tra l'altro, Plato,non Prozac (1999) che in italia la Piemme ha tradotto e pubblicato con Platone è meglio del Prozac (2001). I Greci distinguevano l'intelligenza bassa (astuzia, furbizia e, forse anche, competenza professionale artigianale) da quella alta matematica, metafisica), Ulisse (metis) da Aristotele o Platone (logos). Marinoff prende le due intelligenze, le shakera (esiste shakerare in italiano?) e ne sortisce formulette aforistiche da "Baci Perugina" (cento venti per l'esattezza, ricavati da una sessantina di autori). Ah, questi yankees! (Vi avevo mai detto che yankee è la pronuncia indiana di non so quale nazione nord americana dello spregiativo les anglais dei Francesi canadesi e della Louisiana prima che questa fosse venduta agli statunitensi e prima che gli inglesi - i coloni inglesi- diventassero americani con la rivoluzione anticoloniale e antibritannica della seconda metà degli anni Settanta del Settecento?). Ma torniamo a Marinoff che in un solo colpo cerca di togliersi d'attorno psicologi, psicanalisti e gli orridi psichiatri con le loro terapie farmacologiche. Di mezzo ci vanno anche i professori, gli accademici-gli studiosi professionalmente disciplinati - che sono tenuti rigorosamente al bando dal suo Philosopher's Forum, un seminario filosofico mensile tenuto in una libreria di Manhattan. In quel luogo i gruppi di discussione osservano una sola regola fondamentale,la cortesia, e praticano la virtù della tolleranza non esercitata a beneficio dei professori universitari(all'epoca il Nostro era un professore del City College di New York). E Marinoff, in qualità di presidente del Caffè filosofico, si fa merito di scoraggiare "le citazioni, vale a dire i riferimenti a opere filosofiche pubblicate. La discussione extra-accademica riguarda ciò che pensi e ciò che pensano gli altri componenti il gruppo, non quello che è servito a qualcun altro per fare carriera[...]. Non occorre essere laureato in filosofia per avere esperienza e pensare in proprio. Coloro che si limitano a buttare lì nomi altisonanti o tentano di fare colpo con la loro erudizione, evidentemente non afferrano il punto fondamentale della riunione" (p.346 dell'edizione italiana). E, subito dopo, a seguire, come un inaspettato malo colpo in testa, viene sciorinata la citazione più lunga delle 120 citazioni che impreziosiscono il libro, un quarto di pagina! L'ho presa male perché non mi ero ripreso dallo smarrimento empatico per il caso di John, patologicamente indeciso tra mettere in casa di riposo la madre, incapace di badare a se stessa, sola, relegata in una sedia a rotelle, e tenerla nell'abitazione di proprietà a rischio dei danni fisici(era caduta dalle scale). John, in preda all'ansia insostenibile dell'indecisione, si rivolse al terapeuta filosofico il quale si avvalse della "teoria delle decisioni, che è la denominazione filosofica della teoria matematica dei giochi elaborata da John von Neumann e Oskar Morgenstern" (p. 191). C'era un' altra strada a buon mercato,scartata da Marinoff pur con comportante spese di Counseling filosofico o Philosophical Practitioner: il buon senso che è il punto di partenza dell'intelligenza, l'inizio (metis) dell'altezza (logos). Eppure non è il buon senso che manca al Marinoff, tutto il suo libro è una lenzuolata di bonarie e sdrammatizzanti pacche sulla spalla. Che se fossi Platone mi querelerei con Aristotele, Schopenhauer, Budda, Socrate, Sartre, Spinoza(il sommo,anche lui!), Kant(il massimo), Nietzsche, l'Ecclesiaste e gli altri 51 elencati a fine volume! Ma se io fossi George Bush, proprietario della ditta farmaceutica produttrice del Prozac, porterei in tribunale Marinoff e chiederei, a compenso dei danni aziendali subiti, un indennizzo tanto ingente da tenere vita natural durante in ansia Marinoff e costringerlo alla cura del Prozac!
Pensate !Pensare in proprio: "Pensare in proprio è pensare improprio" - mi suggerisce il mio amico Giuseppe -. "Ché il pensare esige dressur. Il vecchio Heidegger diceva allo studente infatuato di Nietzsche: hai passato, prima, vent'anni con Aristotele?". Già, questo, Marinoff (che scrive molto), non pensa proprio! Im-proprio è anche la negazione di proprio, non proprio. Il pensare non è di sua proprietà, non gli appartiene. E' un impertinente del pensiero. Un pensiero impertinente, non ha pertinenza con il pensare, è un rumore mentale a forma di pensiero. Se senti un rumore di indistinta provenienza, da qualche parte si nasconde uno che sta pensando impropriamente. E il mio pensiero(!) andava al convertito Vittorio Messori, cristologo, per il quale solo "chi ha fede non è un cretino" o "la figura retorica del cristiano è l'ossimoro". E se davvero vogliamo un bell' esemplare di pensatore in proprio, pensiamo(!) a Max Stirner ne L'Unico e la sua proprietà (Der Einzige und sein Eigentum), miniera di strepitosa, incendiaria intelligenza che voleva farla finita con tutti quelli che volevano salvare la comunità,che volevano confortare e ospedalizzare la comunità, consulenti (counseling) di umanitarismo, di comunismo o comunitarismo: "Facciamola finita con l'ipocrisia della comunità e riconosciamo che, se noi siamo uguali in quanto uomini, allora per l'appunto noi non siamo uguali, perché non siamo uomini. Noi siamo uguali solo nel pensiero, solo se 'noi' veniamo pensati, ma non come siamo realmente, in carne ed ossa. Io sono io e tu sei me, ma io non sono questo io pensato, anzi, questo io in cui noi tutti siamo uguali è solo un mio pensiero. Io sono un uomo, e tu sei un uomo, ma 'uomo' è solo un pensiero, un'entità generale; né tu né io possiamo venire espressi a parole, noi siamo indicibili perché solo i pensieri possono venire detti e consistono nel venire detti"(p. 325, tr. it., edizione Adelphi, 1979). Pensiamo, fratelli, e riappropriamoci dell'unicità (Einzigkeit). Chiudiamo i conti: l'uomo per giungere all'Io deve liberarsi dell'umanità, di ogni astratta rappresentazione dell'uomo (l'iità contro l'umanità). Ma e come può l'Io di un uomo predicare - e trovare prima - la sua non-umanità? Non è come uno scuoiarsi a vivo? Apparire come i disegni anatomici che mostrano sotto la pelle i muscoli, la carne, le ossa? Che ansia! Quasi quasi lo chiamo (ma tra i suoi sessanta pensatori non c'è traccia di Stirner)!
Poi arriva il professore Umberto Galimberti con una sua rubrica sull'inserto "D" de La Repubblica che offre la sua mallevadoria per i consulenti filosofici preparati alla risposta del disagio spirituale, ideale, al male dell'anima dopo avere seguito "corsi universitari di cinque anni e master biennali con tirocini in scuole, ospedali, carceri e organizzazioni aziendali convenzionate con le università". Ma il nostro filosofo precisa i consulenti filosofici, quelli con Platone al posto del Prozac, non si risolvono a persone con disagi psichici, ma a soggetti che vogliono mettere ordine nella propria vita, riesaminando le proprie idee e la propria visione del mondo, perché come scrive Hillman: 'Anche le idee si ammalano o, indisturbate, lavorano come dettati ipnotici' che distorcono il giudizio sulla realtà, rendendo difficoltosa, quando non dolorosa la propria vita più del necessario. I consulenti filosofici non lavorano con strumenti psicologici, ma con quegli insegnamenti sulla saggezza(phrònesis la chiamava Aristotele) o arte del vivere (téchne tou biou la chiamava Platone [l'antagonista del Prozac]) che ricorrono nelle pagine della filosofia da quando è nata a oggi" (5 ottobre 2913).Bah! Sono tanti i miei giovani amici laureati in Filosofia che hanno idee curate, accurate, sane con cento dieci su cento dieci e lode. Soffrono però di un pericoloso disagio esistenziale: la disoccupazione. Che non è un'idea, ammalata o sana... Quasi, quasi mi faccio uno shampoo: suggeriva l'aedo!
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