
Già dalla prima frase de Il Nomos della Terra di Carl Schmitt scopro una falsità a danno della mitologia. Si legge: "La terra è detta nel linguaggio mitico la madre del diritto". Eh,no! Nel mito la Terra, Gaia o Ghè, è la madre di un gigante, di un tizio, affetto da gigantismo, Anteo. Chi è Anteo? Figlio di Gea,
Anteo, quindi, tipo
mitologico negativo: rappresenta il conformismo, l’immensa distesa desertica
dei luoghi comuni che - come i deserti - sono luoghi vuoti dove smarrirsi è la
più ovvia delle cose, dove lo smarrimento è il vero ed assoluto valore della desertificazione.
Ercole vuole guadagnare la
strada per il mare a completamento di quelle fatiche che lo dovranno portare
all'immortalità, alla sua sostanza, all'identificazione di ciò che lo farà
essere perennemente Ercole: la conoscenza del suo destino, delle sue vocazioni,
del suo essere compiuto, con il passato delle dodici fatiche alle spalle.
Da una parte la Terra , dall'altra il Mare, anzi l'Oceano (del Marocco atlantico) che di questo è figlio il Mediterraneo.
Bisogna scegliere: o il padre o la madre, bisogna avere consapevolezza del modo dell'essere stati scelti. Noi Mediterranei, noi isolani siamo stati scelti dal Mare,
ma torniamo autolesivamente verso la terra, alla mammella, al ciuccio della
terra, come dei bambinoni, adulti nel corpo, ma infantili nell'anima, immelenzaniti.
La terra è fertile, dissodata, coltivata,scavata, reca "sul proprio saldo suolo recinzioni e delimitazioni, pietre di confine, mura, case e altri edifici[...]. Il diritto è terraneo e riferito alla terra[...]Il mare non ha carattere, nel significato originario del termine, che deriva dal greco (charassein), scavare, incidere, imprimere. Il mare è libero".
Di quella libertà, insopportabile alle melenzane, ci libererà l'Apocalisse: "ci sarà una nuova terra - dice San Giovanni, citato da Schmitt - purificata dal peccato[?] e su di essa non ci sarà più mare".
Questa è una risorsa
denegata, anzi è l’elemento della natura di fondazione antropologica per un'isola e - come scriveva in un’antica Historia Brittonum, Goffredo di
Monmouth - ‘nessun dio può regnare su un’isola se non comanda anche sulle acque
che la circondano”: Una realtà senza Dio, non ha essenza, è inessenziale, è
spregevole, è sottosviluppata, appunto.
La nostra - dei mediterranei
- sostanza sta a mare, in salo, insula. Da lì bisogna non
ripartire, ma partire, per dare il mare al Mediterraneo.
P.S. A onor del vero,quattro anni dopo la pubblicazione del Nomos, Schmitt in Dialogo sul potere e in Dialogo sul nuovo spazio (1954) dirà altre cose sul mare e chiarirà "perché la rivoluzione industriale, con la sua tecnica scatenata, si associa con un'esistenza marittima. L'ordinamento terraneo, al cui centro sta la casa [Bau abitata dal Bauer, contadino, il melenzanaio, il coltivatore delle melenzane], di necessità ha con la tecnica un rapporto fondamentalmente diverso rispetto a una modalità di esistenza al cui centro si muove una nave. Un'assolutizzazione della tecnica e del progresso tecnico, nonché l'identificazione di progresso tecnico e crescita tout court, insomma tutto ciò che si può riassumere con la formula 'tecnica scatenata' si sviluppa soltanto con il presupposto, sul terreno propizio e nel clima di un'esistenza marittima. Seguendo la chiamata degli oceani che si stavano aprendo, e compiendo il passo verso un'esistenza marittima, l'isola Inghilterra diede una grandiosa risposta storica alla chiamata storica dell'èra delle scoperte. Ma al tempo stesso creò i presupposti della rivoluzione industriale, e diede inizio all'epoca di cui oggi sperimentiamo la problematicità" (C. Schmitt, Dialogo sul potere, Adelphi, 2012, pp. 78-79). Meglio problematico che interrato!
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