mercoledì 21 agosto 2013

Il déjà vu non è un atto mancato, incompiuto freudiano ma il tempo storico della melenzana.













Pro-memoria per la melenzana, inviato da Friedrich Nietzsche, Aurora, Libro quinto, 473: la patria identitaria è il luogo "dove si deve costruire la propria casa. Se nella solitudine ti senti grande e fecondo, stare in società ti renderà piccolo e sterile: e viceversa. Possente mansuetudine, come quella di un padre: - laddove ti senti in questa disposizione d'animo, getta le fondamenta della tua casa, sia nel tumulto, sia nella solitudine. Ubi pater sum, ibi patria".

C'è un'altra identità (e un'altra patria): l’identità del cane costruita sulla salvaguardia del territorio fisico, marcato dal piscio. L’essere siciliano: l’Etna, Monte Pellegrino, le arance, il mare: “L’importanza esagerata che si dà al fatto di trovarsi in un luogo piuttosto che in un altro risale all'età delle orde di nomadi, quando bisognava tener bene a mente dov'erano i terreni a pascolo" (Robert Musil, L'uomo senza qualità).

 L'identità fondata o fissata sul territorio è la garanzia della commestibilità, è la denominazione d'origine controllata degli ortaggi e dei suoi derivati, della frutta, delle carni animali e dei pesci. L'uomo è anche un artificio, una costruzione continua, non "è un essere fisso [...], non ha una natura definita e vincolante;[...] la sua ininterrotta trasformazione storica rende impossibile determinare che cosa in lui vada considerato 'naturale' e che cosa 'innaturale'[...]. Mentre, a quanto sembra, ogni genere o specie animale porta in sé il suo schema fisso di vita o di società[...], l'uomo porta in sé soltanto una socialità generica, per così dire un assegno in bianco, che egli deve riempire successivamente in qualche modo se vuole funzionare". Nel mondo costorico dell'uomo e della macchina, o meglio dell'animale-uomo e dell'animale-macchina, l'uomo fisso come una specie ortiva sarebbe l'uomo antiquato (che è il titolo delle acute e, a volte, contraddittorie considerazioni sull'anima nell'epoca della seconda rivoluzione industriale e dell'avvento della bomba atomica del saggio di Guenther Anders edito dalla Bollati Boringhieri 2010, p. 41, 289,290. A pagina 3 del secondo volume de L'uomo antiquato. La terza rivoluzione industriale della Bollati Boringhieri del 1992 si legge. "[...] la storia ora si svolge nella condizione del mondo chiamata tecnica; o meglio la tecnica è ormai diventata il soggetto della storia con la quale noi siamo soltanto costorici").

L'identità (di passato e futuro) vuole il futuro come il passato, identico l'uno all'altro, e ciascuno  in tutti suoi momenti identico. E' il déjà vu del Sonetto 123 di William Shakespeare commentato da Remo Bodei in un portentoso saggio di filosofia poetica. Da un verso del componimento poetico dell'immenso Shakespeare  trae Bodei il suggerimento per il titolo, Piramidi di tempo.Storie e teoria del dèjà vu (Il Mulino 2006):
 "No, Time, thou shalt not boast that I do change!
Thy pyramids built up with newer might
To me are nothing novel, nothing strange;
They are but dressings of a former sight.
Our dates are brief, and therefore we admire
What thou dost foist upon us that is old.
And rather make them born to our desire
Than think that we before have heard them old.
Thy registers and thee I both defy,
Not wondering at the present nor the past;
For thy records and wahat we see doth lie,
Made more or less by the continual haste.
      This I do vow, and this shall ever be:
       I will be true despite thy scythe and thee"
(traduzione di Bodei:"No, Tempo, tu non ti vanterai che io muti!Le tue piramidi costruite con rinnovata potenza non sono per me nulla di nuovo, nulla di strano:soltanto rivestimenti di uno spettacolo già visto. I nostri giorni sono brevi, e perciò guardiamo stupiti quello che ci propini già vecchio, e lo crediamo nato per il nostro desiderio invece di pensare di averlo già udito raccontare. I tuoi registri e te insieme io sfido, non meravigliandomi del presente né del passato, perché i tuoi annali e ciò che vediamo mentono, resi più grandi o più piccoli dalla tua continua fretta. Di questo faccio voto, e questo sarà sempre: io resterò costante, malgrado te e la tua falce").

Nulla di nuovo, ogni cosa ribadisce la costanza del suo profilo: il dèjà vu come storia e storiografia della melenzana o dell'uomo trasformato in ortaggio, ostaggio di ortaggio, per l'incapacità di dominare l'"accelerazione del tempo storico, che restringe in età moderna l'area dell'esperienza e abbassa simultaneamente l'orizzonte dell'attesa. In altre parole, per effetto dell'accresciuta velocità con cui gli eventi si susseguono, l'esperienza - ossia il passato significativo, quello meritevole dì'essere conservato - diventa sempre più povera e obsoleta". Passato povero, futuro incerto: la qualità del tempo è identica, quella dello squallore!

Nulla di nuovo, un'antica malattia: pensavamo bonariamente sulla scorta di Freud che con il già veduto "viene toccato qualcosa che si è già vissuto una volta, soltanto che questo qualcosa non può essere ricordato coscientemente perché cosciente non è mai stato[...], una fantasia inconscia" (Psicopatologia della vita quotidiana, Boringhieri 1970, vol. 4, p.286)!

Nulla di nuovo, il girasole di Benjamin: "Come i fiori volgono il capo verso il sole,così, in forza di un eliotropismo segreto, tutto ciò che è stato tende a volgersi verso il sole che sta salendo nel cielo della storia[...]. La vera immagine del passato passa di sfuggita. Solo nell'immagine, che balena una volta per tutte nell'attimo della sua conoscibilità, si lascia fissare il passato[...]un'immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente che non si riconosca significato, indicato in esso"(Walter Benjamin, Angelus Novus, Einaudi 1995, p. 77

Nulla di nuovo,la nostalgia leninista del passato comunitario, dell'obscina rurale.

Un girasole non è una melenzana che abbia un capo da volgere verso il sole!

Ma a Ulisse che le chiede "chi sei?", la Donna risponde. "Chiedi al cerchio dove inizia? Alla sfera dove ha il sopra[...] Io sono il confine di ogni andare". L'identità è come prevedere e predeterminare il futuro, vedere più in là degli dèi:"E tu vuoi vedere più in là degli dèi? Sarebbe come rivoltare il cielo per farlo specchiare in un altro cielo[...].Tu che sei così saggio, Ulisse,dovresti saperlo:nessun disegno è compiuto prima che la tinta sia asciutta".(Sergio Claudio  Perroni, Nel ventre, Bompiani 2013). Quanto precede vale quel che segue di Ernst Jünger, Eumeswil“Precisare ciò che è vago, definire sempre più nettamente l’indefinito, è questo il compito di ogni evoluzione, di ogni fatica esplicata nel tempo. In tal modo si rivelano, nel corso degli anni, sempre più distinte le fisionomie e i caratteri […]. Ciò che è vago, indefinito, anche nelle scoperte, non è falso. Può essere errato, ma non necessariamente insincero. Un’asserzione – vaga ma non falsa – può venir chiarita frase per frase, finché la faccenda si assesta e si centralizza".

L'ideale ( o imperativo) umano della coerenza è il reale inorganico della pietra:un fastidio persino per don Abbondio che se lo scostava dal cammino, spingendolo ai lati della strada ("buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero").

Se José Ortega y Gasset  (Historia come sistema) aveva letto Manzoni: "Una pietra è già quel che una pietra è. Tutti suoi cambiamenti e mutamenti saranno, per i secoli dei secoli, combinazioni determinate dalla sua struttura fondamentale. La pietra non sarà mai qualcosa di nuovo e di diverso. Tale struttura, fissa e data una volta per tutte, è ciò cui ci riferiamo di solito quando parliamo dell'essere di una cosa. Esprimiamo lo stesso concetto anche con un altro nome: natura[...]. Ebbene, ogni entità, il cui essere consiste nell'essere identico, possioede in modo evidente e immediato tutto ciò di cui ha bisogno per essere. Ecco perché l'essere identico è l'essere che sta sotto o sostanza, l'essere che basta a se stesso, l'essere sufficiente. Questo è la cosa. Lo spirito non è però una cosa [...] L'uomo non è una cosa, ma un dramma [...]. Essere libero significa mancare costitutivamente d'identità, non essere inscritti in un essere dato, poter essere altro da ciò che si era e non potersi stabilire una volta per tutte in un essere determinato. L'unica cosa che è fissa e stabile nell'essere libero è la costitutiva instabilità".  E ancora: "[...] l'unica cosa che l'uomo possiede come essere, come natura, è ciò che è stato. Il passato è per l'uomo il momento d'identità, quel che lo rende cosa, ciò che è inesorabile e fatale. Ma, se così è, se l'eleaticità dell'uomo è quella relativa a ciò che è stato, il suo autentico essere quello  che in effetti è - e non solo è stato -, è altro dal passato, consiste esattamente ed essenzialmente nell'essere ciò che non è stato, in un essere non eleatico[...]. Non diciamo, quindi che l'uomo è, ma che vive". La mulinciana non diviene, non vive. E' noiosa, banale e insignificante come il principio di identità. A=A.


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