
-
Pace e guerra: “il vomere poteva avere un manico
corto, ed allora lo si trasformava facilmente in spada, oppure lungo, ed allora
diventava una lancia. Aratro e spada, pace e guerra, a quel tempo avevano molto
in comune. Isaia predice un futuro in cui tutte le spade si trasformeranno in
vomeri..." (E. E. Vardiman, Il
nomadismo, Rusconi 1998, p. 144).
La pace che arrivò dal mare: lo sbarco in Sicilia del 1943.
La guerra e la pace non si
escludono vicendevolmente: i rapporti internazionali sono determinati ora
militarmente, ora diplomaticamente. Il militare sta accanto al diplomatico, non
contro. Il bisturi non esclude la pranoterapia. I mali non sono tutti e
sempre curati da carezze, né estirpati chirurgicamente. Per una cefalea è
sufficiente una compressa analgesica o basta un massaggio shiatzu; per un tumore neppure una devastazione radicale
vale. La pace è la subordinazione del vinto alla volontà del vincitore. Si sta
in pace perché c’è stata una guerra dopo la quale il vinto ha accettato le
condizioni del vincitore. E ci sono guerre difensive, rituali, sociali,
economico-politiche, simboliche, etniche, di conquista. E ci sono paci
cimiteriali. Il pacifismo è un desiderio che si fa sorprendere dalla guerra. Le
guerre sono tante; la pace solo una: quella delle condizioni del vincitore. Non
smette di piovere solo perché si odia l’acqua. Aveva nove anni la mia bambina
sorpresa a bisbigliare improperi pacifisti contro Hitler e Mussolini, ancorché
tremante e divertita per le statue di cera e per le trovate del sobbalzante
rifugio antiaereo e degli spari di una mitragliatrice in opera dalle fessure di
una casamatta ricostruita per il "Museo storico dello sbarco in Sicilia del
1943", allestito alle "Ciminiere" dalla Provincia Regionale di Catania. Una buona
idea, quella del Museo permanente sullo sbarco alleato del 1943, buona per
motivi diversi e, fra tutti, per il supporto didattico che offre agli
insegnanti delle scuole che affannosamente arrivano a trattare i temi della
storia contemporanea del Novecento. Molte immagini coeve, fedeli ricostruzioni
di ambienti, secche didascalie, riproduzioni di documenti che sono stati
consegnati ad un catalogo pregevole, introdotto rapidamente da Alberto Santoni,
professore di Storia Moderna e Contemporanea dell’Università di Pisa. “Un museo
per la pace” è il titolo voluto dall'allora presidente della Provinciale Regionale di Catania, Nello Musumeci, per questo spazio culturale
che si apre con una scritta di Papa Giovanni XXIII (“La pace è il bene supremo.
Dimenticarlo è una vera follia”) e che si chiude con immagini del cimitero
inglese di guerra di Catania, mentre nomi dei caduti, di soldati di varie
nazioni sono scanditi all'uscita dei locali museali. Alla bambina spiegavo che
la guerra e la pace sono argomenti di sapere strutturato, di “scienza”, della
polemologia. Spiegavo che non bastano i suoi occhi, non basta lo sguardo di
tutti i bambini innocenti del mondo, non bastano gli improperi, come non ci si
può affidare alla propria bontà per impedire le catastrofi naturali. Spiegavo
che gli Alleati sono venuti dal mare, scarsamente considerato dalla cultura
politica e militare dell’Italia, maltrattato allora, prima e dopo, fino ai
nostri giorni. La pace è un bene supremo ricavato dalla guerra che non sempre è
vinta dai migliori contendenti. La pace è la forma di una guerra a riposo, come
le pendici di un vulcano sono lave rapprese che aspettano per tempi indefiniti
altro magma. La pace sta alla guerra come la l'ombra alla luce: l'una è forma dell'altra; non sono due sostanze contrastanti. I pacifisti hanno tutti nove anni? Costantino che in guerra contro Massenzio avrebbe vinto nel segno della croce (in hoc signo vinces resa in latino del greco en touto nika), non aveva nove anni. Era il 312 dopo Cristo e di anni l'imperatore ne aveva 38.
Nessun commento:
Posta un commento