martedì 29 ottobre 2013

La pace spiegata a una bambina, al Papa.





-          Pace e guerra: “il vomere poteva avere un manico corto, ed allora lo si trasformava facilmente in spada, oppure lungo, ed allora diventava una lancia. Aratro e spada, pace e guerra, a quel tempo avevano molto in comune. Isaia predice un futuro in cui tutte le spade si trasformeranno in vomeri..." (E. E. Vardiman, Il nomadismo, Rusconi 1998, p. 144).



La pace che arrivò dal mare: lo sbarco in Sicilia del 1943.

La guerra e la pace non si escludono vicendevolmente: i rapporti internazionali sono determinati ora militarmente, ora diplomaticamente. Il militare sta accanto al diplomatico, non contro. Il bisturi non esclude la pranoterapia. I mali non sono tutti e sempre curati da carezze, né estirpati chirurgicamente. Per una cefalea è sufficiente una compressa analgesica o basta un massaggio shiatzu; per un tumore neppure una devastazione radicale vale. La pace è la subordinazione del vinto alla volontà del vincitore. Si sta in pace perché c’è stata una guerra dopo la quale il vinto ha accettato le condizioni del vincitore. E ci sono guerre difensive, rituali, sociali, economico-politiche, simboliche, etniche, di conquista. E ci sono paci cimiteriali. Il pacifismo è un desiderio che si fa sorprendere dalla guerra. Le guerre sono tante; la pace solo una: quella delle condizioni del vincitore. Non smette di piovere solo perché si odia l’acqua. Aveva nove anni la mia bambina sorpresa a bisbigliare improperi pacifisti contro Hitler e Mussolini, ancorché tremante e divertita per le statue di cera e per le trovate del sobbalzante rifugio antiaereo e degli spari di una mitragliatrice in opera dalle fessure di una casamatta ricostruita per il "Museo storico dello sbarco in Sicilia del 1943", allestito alle "Ciminiere" dalla Provincia Regionale di Catania. Una buona idea, quella del Museo permanente sullo sbarco alleato del 1943, buona per motivi diversi e, fra tutti, per il supporto didattico che offre agli insegnanti delle scuole che affannosamente arrivano a trattare i temi della storia contemporanea del Novecento. Molte immagini coeve, fedeli ricostruzioni di ambienti, secche didascalie, riproduzioni di documenti che sono stati consegnati ad un catalogo pregevole, introdotto rapidamente da Alberto Santoni, professore di Storia Moderna e Contemporanea dell’Università di Pisa. “Un museo per la pace” è il titolo voluto dall'allora presidente della Provinciale Regionale di Catania, Nello Musumeci, per questo spazio culturale che si apre con una scritta di Papa Giovanni XXIII (“La pace è il bene supremo. Dimenticarlo è una vera follia”) e che si chiude con immagini del cimitero inglese di guerra di Catania, mentre nomi dei caduti, di soldati di varie nazioni sono scanditi all'uscita dei locali museali. Alla bambina spiegavo che la guerra e la pace sono argomenti di sapere strutturato, di “scienza”, della polemologia. Spiegavo che non bastano i suoi occhi, non basta lo sguardo di tutti i bambini innocenti del mondo, non bastano gli improperi, come non ci si può affidare alla propria bontà per impedire le catastrofi naturali. Spiegavo che gli Alleati sono venuti dal mare, scarsamente considerato dalla cultura politica e militare dell’Italia, maltrattato allora, prima e dopo, fino ai nostri giorni. La pace è un bene supremo ricavato dalla guerra che non sempre è vinta dai migliori contendenti. La pace è la forma di una guerra a riposo, come le pendici di un vulcano sono lave rapprese che aspettano per tempi indefiniti altro magma. La pace sta alla guerra come la l'ombra alla luce: l'una è forma dell'altra; non sono due sostanze contrastanti. I pacifisti hanno tutti nove anni? Costantino che in guerra contro Massenzio avrebbe vinto nel segno della croce (in hoc signo vinces resa in latino del greco en touto nika), non aveva nove anni. Era il 312 dopo Cristo e di anni l'imperatore ne aveva 38.



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