Marcello Anselmo pensava che il mare fosse "l'ultimo spazio anarchico rimasto al
tempo dei consumi". Lo pensava prima che arrivassero il camionista irlandese Malcom McLean e l'ingegnere Keith Tantlinger che inventarono i containers e le navi portacontainers della China Shipping Company, della Cosco, K-Line, Msc, Hanjin, Yang Min, Maersk, Zit. E così gli uomini divennero 'zantraglia', anzi ritornarono alla qualità della zantraglia acquisita all'epoca della dominazione angioina a Napoli (1266-1441) quando "dalle cucine del castello e del palazzo reale piovevavno resti animali, ossa, lembi di pelle, teste, zoccoli e soprattutto interiora di bestie varie, 'les entrailles' che le popolane chiamavano zantraglia". E siccome la gente è ciò che mangia, zantraglia è tutta la gente all'epoca della containerizzazione, zantraglia è tutta quell'umanità che vive, si muove, si affaccenda, si irriconosce tra gli interstizi dei box delle aree portuali, animate dalle gru Paceco (Pacific Coast Engineering Company). Persino i fratelli si irriconoscono tra i containers di Napoli: Zeno e Sofia, fratelli rumeni, l'uno saldatore di paratie e di murate, da Costanza emigrato a Napoli per trovare l'altra, puttana degli ufficiali di bordo delle navi che vanno in giro per i mari. Dal Mar Nero al Mare Mediterraneo i fratelli a Napoli si ritrovano, si riconoscono, si irriconoscono. Una storia senza uomini: una marmellata di lombrichi l'umanità all'epoca della Tecnica, dove i lavoratori portuali sono le figure dell' Arbeiter di Jünger dei paesaggi jüngeriani e dei disastri postbellici di Ballard. Napoli: "il paesaggio è costellato di catastrofi urbanistiche minime. Raffinerie dismesse e cavalcavia autostradali si innervano nell'entroterra della città [...]. Lo stridio dei binari si confonde con i rumori dell'alba. I treni escono dal porto lentamente mentre cullano la merce stipata nei contenitori colorati, attraversano l'impercettibile linea di confine tra metropoli e periferia orientale segnata da cadenti capannoni abbandonati e il groviglio di tubature di raffinerie ormai silenziose [...]. Dal terminal è un continuo andirivieni di tir che sobbalzano nell'asfalto bitorzoluto. I trattori dugmaster sistemano i contenitori sui vagoni per essere trainati verso le destinazioni prescritte. Sono i treni 'shuttle' che ogni giorno portano le merci containerizzate appena sbarcate verso gli interporti tra mare e città [...]. Ogni giorno è un continuo alternarsi di vermi metallici, pieni di vestiti, scarpe, alimentari, cosmetici, mobili smontati, componenti informatiche, attrezzi per il fai-da-te". Una lunga periegesi quella di Anselmo per i porti di Taranto, Genova, di Izmir, Atene, Ashdod, Dakar, Freetown, Lomé, Lagos, Duala, il Corno d'Africa dei pirati somali. E ovunque un maricidio, compiuto dalla Tecnica portuale che ha preso il posto della lontana aristocrazia francese napoletana, dell'umanità facendo zantraglia. Stiamo discorrendo del bel saggio di genere meticcio, di efficaci illustrazioni color seppia espressionista (e con qualche peccaminoso refuso) di Marcello Anselmo, La zantraglia della casa editrice Mesogea di Messina.
Nessun commento:
Posta un commento