lunedì 29 aprile 2013
La melenzana dell'Occidente
Caro Pasquale, ti racconto sul tramonto dell'Occidente delibato con il punto interrogativo (Il tramonto dell'Occidente?) a Siracusa tra l'11 e il 12 di gennaio 2013. Mi si chiamò proditoriamente alla premiazione di un giovane ingegnere derridiano. Avrei voluto commentare con le seguenti parole (non l'ho fatto per non sembrare il guastafeste, il "tipo" esibizionista): Il tramonto dell'Occidente è un'espressione insignificante, come il tramonto del tramonto, o meglio il tramonto del tramonto del sole (occidente ovvero cadente). Oltre ad essere insensata, l'espressione è irreale, non ha alcun rapporto con il fenomeno della realtà post-tolemaica astronomica a cui fa riferimento. Dopo Galilei, all'incirca, si è stabilito che il sole è una stella fissa che non tramonta né sorge, ma che splende e, irradiandosi, si consuma, mentre nasce finisce, come ogni cosa. E la terra è ogni giorno per dodici ore "abendland", terra della sera od occidente, e per le altre dodici ore terra della luce o del giorno. E ancora, l'Africa islamica è Maghrib (occidente) Mashrek (oriente), assumendo come punto zero (simultaneamente occidente e oriente) l'Egitto. Per non parlare della India o della Cina o del Giappone paesi per i quali il sole sorge a Occidente, l'Oriente è occidentale. Insomma, è la terra che si muove senza che il sole sorga o tramonti, si desti o vada a letto. E allora? Il mondo, quello che conosciamo, è una realtà finita, un'aurora tramontante (pare che l'abbia detto Hegel). Il tramonto è tolemaico, l'Occidente una presunzione. Insomma inesistenze! Tu, Pasquale, mi dici che la traduzione del titolo del famoso saggio di Oswald Spengler, Der Untergang des Abendlandes, sarebbe La caduta dell'Occidente, ma sarebbe – aggiungi – un'arida traduzione (che vuoi mettere la suggestione letteraria che induce la parola "tramonto"?). Caro Pasquale, ad essere pignoli e tolemaici la traduzione sarebbe la caduta del cadente (ma uno che sta cadendo non è caduto. Aut aut: o caduto o cadente!). Ma io ritengo che un tramonto non tramonti (una cosa non può essere il suo divenire, non può essere il suo non-essere) un tramonto – tolemaicamente parlando – lascia il suo posto alla sera o alla notte (la sera, l'Abend, non è il tramonto e non tramonta, succede semmai al tramonto). Mi dicono che la traduzione italiana di Untergang sia di Julius Evola. Boh! Untergang – leggo nel dizionario – è l'andata sotto di una cosa, dal suo Zenith passa al suo Nadir, i poli dell'orizzonte. E così ritorniamo all'astronomia per scoprire che siamo in presenza di ficta. E lo stesso termine "Occidente" è un fictum, come il termine "influenza" che rimanda a uno stato della temperatura corporea modificato – secondo la medicina magica – per influenza astrale. Ma non c'è nessun medico che organizza convegni sul raffreddore, lavorando lessicalmente e concettualmente sull'influenza, sul fluire, sulla luna, a meno che non sia un medico... lunatico. Insomma, fictum ma comodo. Per stare comodi, caro Pasquale, fingiamo, ma non fino a pensare di potere giungere alla verità – pur con tutto lo scarto dell'indeterminazione heisenberghiana –attraverso le finzioni (ah, Borges, divino Borges!) L'imperatore Giuseppe d'Absburgo ad un certo punto della sua vita decise di fingersi sordo, per ascoltare tutto quello che alle sue spalle e protetto dalla sordità della Sua Maestà si tramava o gossipava nella corte imperiale di Vienna. Loro parlavano, parlavano, sparlavano... tanto il vecchio era sordo! Ora, dico io, si può fingere di essere sordi, si può fingere di essere scemi, ma non si può fingere di essere intelligenti, si può fingere di essere morti, ma non si può fingere di essere vivi. Quindi caro Pasquale, non esiste l'Occidente, non esiste l'Oriente, se non come ficta. E lo stesso Tolomeo direbbe che l'Occidente (il cristianesimo e la classicità greco-romana) nasce ad Oriente (ebraismo o Mesopotamia), che la Cina ha al suo oriente il Giappone e poi l'America. Insomma, a me pare che Oriente e Occidente sono gli equivalenti dei climi freddi e dei climi caldi di Montesquieu: "Nei climi freddi si ha maggior vigore... Questa maggior forza non può non produrre svariati effetti: per esempio, maggior confidenza in se stessi, cioè maggior coraggio, consapevolezza della propria superiorità, cioè minor desiderio di vendetta, maggior senso di sicurezza, cioè più franchezza, meno sospetti e meno intrighi politici... Si immagini invece un uomo racchiuso in un luogo caldo: egli soffrirà, per ciò stesso, di grande prostrazione. Se in tali circostanze gli si propone un'azione coraggiosa, ne sarà tutt'altro che entusiasta... I popoli dei paesi caldi sono vili come lo sono i vecchi, quelli dei paesi freddi coraggiosi come i giovani...". Sì, Pasquale io so che te la stai ridendo perché hai letto Jared Diamond che, studiando la storia del mondo negli ultimi tredici mila anni come recita il sottotitolo della traduzione italiana di Guns, Germs and Steel, colloca lo sviluppo economico e sociale (l'Occidente, direbbero i tolemaici) tutt'attorno alla parte centrale del globo e il sottosviluppo a Nord e a Sud, nei paesi caldi e nei paesi freddi, nordici! Sì, Pasquale ridi pure, ma... chista è a zzita!
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