
Una Costituzione che non riguarda i disoccupati patenti delle statistiche e dei suicidi, né quelli latenti (i familiari impiegati nelle aziende dove nascondono la loro inutilità lavorativa) né i marxisti né i reichiani-marcusiani (ché il lavoro è una follia, un'alienazione, un dispiacere), né i lettori della Bibbia che sono tanti in un paese di Vecchio e Nuovo Testamento come l'Italia e per i quali il lavoro è una maledizione divina, una cacciata dal Paradiso, un'andata all'inferno.
Una Costituzione che prescinde dai suoi costituiti in gran parte fuori dalla loro Costituzione, lavorativa.
Una Costituzione che pone problemi e non li risolve, che rende incostituzionali i disoccupati, i marxisti, i cattolici e tutti quelli che vennero fuori negli anni Sessanta del secolo scorso per i quali la loro costituzione, personale e psicologica, era fondata sull'eros contro l'ergon. "L'eros è civiltà" scrisse Herbert Marcuse. Tutti l'intesero copulativamente quella "e" congiuntiva di "eros è civiltà". Ma come si dice: carta canta o scripta manent! E verba volant. Amen! Rifondiamo, allora, la Costituzione: "La Repubblica (ma potrebbe a questo punto essere una monarchia, un'oligarchia, un'anarchia) italiana è fondata sul piacere. Il piacere è tutto mio, tuo, suo, nostro! Grazie. Prego".
Comunque, ci vuole poco ad essere civili. L'eros non conosce spread ed è una risorsa abbondantemente diffusa in tutti gli strati sociali e in tutte le stagioni dell'età, non è monopolio dei banchieri né dei vecchi che governano il mondo. I vecchi mentali, non anagrafici! John Maynard Keynes — uno che si intendeva di piaceri e di economia — con tutto il suo circolo di Bloomsbury sarebbe d'accordo.
Tino Vittorio
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